Tizio- Ciao Vetrà, come andiamo?

Vetraio- A vederti, direi “meglio di come va a te”.

T- Sì, è vero. Non vuoi sapere perché?

V- No

T- Certo che sei simpatico come la merda…

V- E allora dimmi cosa c’è che non va, ma sii sintetico.

T- Ho rotto con la tipa, sono triste e non riesco a riprendermi.  Cioè proprio non ce la faccio…

V- …

T- Guarda che sei libero di esprimere…

V- Sei un coglione.

T- …e l’ha fatto nel momento peggiore…

V- Sei un coglione…

T- E perché sarei un coglione?

V- Sei un coglione perché certe cose non si rompono.  Certe cose ti si allontanano, lasciandoti solo dolore.  E questo è un dolore che puoi sentire solo tu.  Agli altri risulta incomprensibile.  Forse anche ridicolo.   Dolore che quindi non dovresti esprimere.  Te lo dovresti incartare per mantenerlo fino a quando o ti farà morire o ti spegnerà proprio come si spegne un trenino elettrico quando si finisce di giocare.   Ecco perché sei un coglione.

T- Ma così non mi aiuti

V- Ma io non ti voglio aiutare.   Io ti voglio distruggere, voglio farti sanguinare il cuore.  Voglio umiliarti e voglio toglierti le forze. E sarà sempre un dolore minore rispetto a quello che già senti senza onorarlo col silenzio.  E non ti passerà. Mai.

 

 

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