[Risoluto e triste] Sembra impossibile, ma quando cerchi di evitare una situazione, un nome o un oggetto che possano ricordarti eventi spiacevoli, l’universo inesorabilmente si impegna in direzione opposta.

Solo che l’universo è un po’ più forte di te.

È anche parecchio più stronzo, aggiungerei.

L’unica possibilità è quella di appellarsi alla tenacia (o presunta tale) che talvolta slabbra in testardaggine e modulato autolesionismo.

E allora per due giorni, che visto l’impegno profuso vengono percepiti come mesi, applichi la tecnica della refrattarietà, sapendo benissimo che arriverà il turno in cui dovrai capitolare.

Ma la regola è una: resistere.

Inizi fin dal mattino, mostrando allo specchio una faccia convinta finché ci si rade.

Si prosegue in garage dove, anche per confermare ciò che avevi visto con il rasoio in mano era vero, ti guardi allo specchietto retrovisore, in auto.

Ma c’è sempre quel millesimo di secondo nel quale anche gli specchi mostrano la vera verità.

C’è un miliardesimo di millisecondo in cui la tua faccia dice: “Sarà l’universo a vincere”.

E sai che ha ragione.

Ufficialmente lo neghi, ma sai che vincerà.

Non sai nemmeno bene come, ma lo farà.

E nemmeno con un po’ di educazione: lo farà schernendoti e sputazzandoti.

Ma è giusto resistere anche quando si sa di perdere.

È più sportivo.

A volte hai perfino la beffarda illusione di avercela fatta.

Di aver raggiunto quel secondo merdosissimo giorno.

Ma non solo l’illusione si dimostra fugace; c’è pure la dilatazione spazio-tempo che ti sbatte in faccia il fatto che quei due giorni erano banalmente venti minuti.

Morirai? No.

Sparirai inghiottito da un buco nero? No.

Banalmente soffrirai.

E soffrire in autunno è diverso rispetto a soffrire in primavera.

Soffrire in autunno ti ridimensiona.

Soffrire in autunno ti schiaffeggia senza nessuna possibilità di consolazione.

Soffrire in autunno ti soffoca.

 

E l’universo tornerà a ricordarti la faccia scura della medaglia.

Inesorabilmente.

La vaginetta di oggi è costei:

 

 

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