Questo piccolo blog di paese non è mai stato in possesso di notizie speciali.

Nemmeno quelle strappa-click che prevedono enormi quantità di veicoli invenduti, offerti a prezzi di realizzo.

No.

Mai avuta tale attitudine.

Stavolta però è successo.

Stavolta sono in possesso di informazioni tali da destabilizzare i governi di svariati Paesi.

(no, adesso ho esagerato)

 

DEFINIZIONE: dicesi cibo ospedaliero ogni agglomerato molecolare edibile, che abbia qualità organolettiche deviate, mai mappate e irriproducibili al di fuori delle mura nosocomiali.

 

Da questa definizione si evince che il poliuretano, che per anni è stato associato al cibo ospedaliero, in realtà non lo sia, visto che ha un gusto riproducibile anche all’esterno.

In realtà il cibo ospedaliero nasce, si sviluppa e colpisce, direttamente in ospedale.

Le mie fonti dicono che esso (il cibo ospedaliero, intendo) sia parte di un meccanismo di gestione delle degenze.

Un meccanismo di ottimizzazione.

Gli ospedali periferici sono stati chiusi.

Gli ospedali centrali hanno subito processi di riduzione e di OTTIMIZZAZIONE.

Scusi dottore, mi saprebbe spiegare cosa sia l’ottimizzazione ospedaliera?

Certo! L’ottimizzazione ospedaliera è un meccanismo di riduzione del numero di “azioni” effettuabili a favore dei pazienti.

Scusi dottore, ma ciò implica risparmio?

No.

Implica aumenti di qualità?

Solo virtualmente, cioè voi pensate che sia qualità ma in realtà è altro.

Scusi dottore, non ci capisco più nulla.

Allora gliela faccio più chiara: cala il numero di azioni utili, cala il numero dei medici, cala il numero degli infermieri, non cala la spesa…

Scusi dottore, mi sta dicendo che si vuole eliminare il concetto di sanità pubblica?

…………………

 

In questo contesto, il maggiore agente di disturbo per questo processo è il paziente.

Se non ci fossero pazienti, sarebbe tutto più facile.

Quindi l’obiettivo è duplice: ridurre il numero di ricoveri che, se proprio proprio, devono essere brevi.

In sintesi: in reparto ci devi stare poco.

Hai varie opzioni ovviamente, ci mancherebbe!

Siamo in un Paese moderno e culturalmente superiore.

Sei quindi libero di fare ciò che vuoi.

Per esempio puoi pagare per rivolgerti a strutture private, puoi decidere di non curarti, puoi suicidarti o scappare dal reparto in modo furtivo, non appena ti siano state suturate le ferite, spingendo i profit delle farmacie a livelli stratosferici.

Ecco che il cibo ospedaliero emerge come “agente di facilitazione” di importanza strategica.

Con il nostro cibo ospedaliero ci saranno persone che scappano in clinica privata, chi preferisce morire tra le mura domestiche masticando cibo vero, chi si lancerà nel vuoto e chi correrà a casa a sorseggiare una minestrina ben fatta.

E il cerchio si chiude.

Sorvolo volutamente su casi nei quali viene fornita la dieta (volutamente?) errata.

Dare patate all’olio ad un paziente K-pancreatico con ittero, non riesco a leggerlo come qualcosa di diverso rispetto all’eliminazione.

L’origine del cibo ospedaliero è dunque amministrativa.

Non aliena.

Non indiana.

Amministrativa.

 

Ma per fortuna abbiamo anche oggi un’esperta che ci aiuterà a scegliere i menu :

 

1 Comments

  1. Rispondi

    mmazza quanto è rigogliosaaaa
    Na vorta c’ereno le casse mutue, noi metalmeccanici avevamo l’inam, poi i caporioni realizzarono le regioni perchè erano previste dalla costituzione e siccome erano senza portafoglio (cioè la magna carta non diceva a chi toccava daje da magnà) allora le diedero la gestione della sanità

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