Che sia un evento colossale, siamo d’accordo.
Che l’umanità si sia trovata a far fronte a qualcosa di immenso, siamo d’accordo.
Che tutti quei morti ci facciano male, siamo d’accordo.
Ma che il coronavirus sia anche sotto certi aspetti molto utile, è un fatto.
Pensate per un momento a tutte quelle persone che vi circondavano quotidianamente e che, tutto sommato, reputavate normali.
Ebbene no.
Coronavirus ha fatto emergere:
- complottisti seriali tra i più agguerriti ( e anche fantasiosi) come quello che sostiene che l’amato virus serva a delle non meglio precisate lobby, per distrarre i genitori, consentendo a malintenzionati di rapire bambini;
- sostenitori della tesi che usando la logica anche senza conoscenza, sia possibile formulare una tesi verosimile. Li vorrei vedere preparare soluzioni di acido solforico al 50% in acqua: se fosse vero ciò che sostengono, versare acqua nell’acido o acido nell’acqua, sarebbe la stessa cosa. Condoglianze ai parenti;
- agorafilici (non so nemmeno se sia un termine vero) quelli cioè che hanno bisogno di un costante rapporto con la gente, anche se turbolento, perché non riescono a sostenere la solitudine. Non riescono ad accettare di ragionare in silenzio, da soli. Temo si tratti di vacuofobia endocranica;
- teste di cazzo o teste di figa. Quelli cioè, uomini o donne che siano, che non sanno resistere alla mancanza di sesso che la quarantena impone ai single, pensando di poter riesumare un/una partner a caso dai cassetti della memoria, per flirtare o per promettere serate di fuoco. Come se il partner/la partner, non si ricordassero che piuttosto che scopare con un’ebete come quello/a, è meglio stare senza;
- i covidioti: quelli cioè che nonostante tutto il mondo (letteralmente) invochi la separazione sociale massima, onde prevenire contagi insperati, devono uscire perché “tanto faccio solo due passi, cosa vuoi che succeda?”;
- la demenza dei giornalisti alle conferenze stampa della protezione civile che ogni giorno alle 1800, aggiorna il Paese circa i dati relativi alla giornata. Io capisco che le domande debbano essere fatte. Capisco anche che debbano essere incalzanti, allo scopo di mantenere alta la pressione su coloro che lavorano. Capisco anche che un giornalista possa non avere una preparazione tecnica specialistica, ma le domande che ho sentito formulare, mi fanno pensare che la stampa italiana sia pari solo a sé stessa, col massimo dell’accezione negativa. “Quanti decessi prevedete per domani?” resterà nella storia;
Questa vaginetta vi possa rendere felici, o miei prodi!
Fracatz
Il Vetraio