Anche a Miami bevo la birra.
La bevo in un posto che non ha nome.
Però si descrive facilmente. Il posto intendo.
Ci si gioca a biliardo.
Infatti ci sono tre tavoli da biliardo che sono usati da gente che probabilmente sa fare tutto fuorché giocare a biliardo.
Ci sono anche tre (come cazzo si chiamano?) posti dove si tirano le freccette.
Culi di negra?
No, ma ci assomigliano.
C’è un bancone al quale ci si può sedere su delle comodissime sedie tipo quelle del mio barbiere.
Ma il mio barbiere è strano.
Le sedie sono comunque comode, anche senza il barbiere.
Sul bancone ci si diverte molto.
Infatti si ordinano le birre, si dà ascolto ad americani ubriachi, si guardano le prostitute ubriache e, quando ci si specchia, anche italiani ubriachi.
Gli unici a non essere ubriachi sono gli scarafaggi che corrono a più non posso.
Sul bancone ovviamente.
Che poi, dove correranno mai gli scarafaggi?
Nel locale si fuma.
Si fuma tanto e, anche se non fumo più, assaporo il gusto riflesso sulla faccia dei fumatori ubriachi quando accendono una cicca.
C’è anche il jukebox.
Noi italiani siamo dei coglioni perché abbiamo messo da parte un accessorio fondamentale per ubriacarsi e fare scommesse sulle gare di insetti immondi.
E’ collegato ad internet.
Il jukebox intendo, non lo scarafaggio.
La musica deve driblare le nuvole di fumo prima di raggiungermi.
Quando mi raggiunge è troppo tardi: sono distratto da un poliziotto che mi chiede i documenti.
Non li ho ma sono maggiorenne.
Si mette a ridere e, borbottando una maldicenza nei confronti dei sudamericani, mi lascia lì a corrodermi il fegato.
Non ha capito che ero italiano.
Forse non lo sono più.
Sono pieno di fumo e puzzo come una capra ubriaca, ma non mi ha dato dell’italiano.
E questo è quindi un buon giorno.
Fuck you all, bastards!
serrenett
maryiagrazia
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Ilvetraio
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